L’Istituto Arcivescovile Paritario Santa Caterina da più di due secoli è il centro di cultura e formazione della Chiesa Pisana.Oggi ospita il Seminario, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Noccolò Stenone”, la Scuola di formazione teologica, l’Istituto Comprensivo e il Liceo Scientifico, oltre al Pensionat universitario “G. Toniolo”. Nell’Istituto si svolgono convegni e congressi, mostre e presentazioni di libri ed è messa a disposizione del pubblico la prestigiosa Biblioteca Cathariniana, che ha qui la sua sede, seppure in locali diversi, dal XIII secolo, quando il complesso di edifici ospitava il Convento dei Domenicani. Oggi conserva manoscritti, incunaboli e oltre 50.000 volumi, dal XVI secolo alle opere contemporanee.
Fondazione e lavori di ampliamento
La caratteristica di centro culturale e formativo si delinea fin dalla sua fondazione, che risale al 1784 e si colloca nell’ambito dell’attività riformatrice in campo ecclesiastico interessante la Toscana negli ultimi decenni del 1700. Gli artefici del progetto sono Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana dal 1765 al 1790, e mons. Angiolo Franceschi, Aricivescovo di Pisa dal 1779 al 1806. I due, sebbene su sponde opposte sul piano dottrinale, giansenista il Granduca, antigiansenista l’Arcivescovo, erano ugualmente interessati a una migliore organizzazione ecclesiastica e ad una più rigorosa formazione del clero.
Pietro Leopoldo tendeva a caratterizzare in senso giansenistico la Chiesa toscana, valorizzando la diocesi e la parrocchia a discapito degli ordini religiosi e delle confraternite. Fece inoltre coincidere l’ambito delle diocesi con il territorio granducale (classici gli esempi di Barga e Versilia). Ristrutturò la rete parrocchiale, eliminando o accorpando parrocchie cittadine e istituendone di nuove nel piano di Pisa, zona in notevole sviluppo a seguito della recente riforma agraria.
L’pisodio più significativo del movimento giansenistico toscano e il culmine dell’azione riformatrice di Pietro Leopoldo in campo ecclesiastico fu la celebrazione del sinodo di Pistoia, promosso dal vescovo Scipione de’ Ricci nel 1786, i cui decreti interessarono la liturgia, l’organizzazione parrocchiale e la formazione del clero. Ma i risultati di tale assise furono in parte neutralizzati l’anno successivo dall’Assemblea degli Arcivescovi e Vescovi toscani, in cui un ruolo da protagonista svolse proprio l’arcivescovo Franceschi.
Nel 1790 il granduca Pietro Leopoldo lasciò la Toscana per il trono imperiale d’Austria, alla morte del fratello Giuseppe II. Il figlio successore Ferdinando III attenuò i provvedimenti più discussi come quelli che riguardavano le devozioni popolari o il controllo sulle ordinazioni, ma conservò l’impianto giurisdizionalistico della legislazione leopoldina. Nonostante le differenze ideologiche, l’arcivescovo Franceschi recepì le istanze riformatrici di Pietro Leopoldo in ordine alla migliore organizzazione ecclesiastica e alla formazione del clero.
Nell’ambito della ristrutturazione della rete parrocchiale cittadina fu istituita il 13 novembre 1784 la parrocchia di S. Caterina, in cui confluì òla popolazione delle due parrocchie soppresse di S. Zeno e di S. Lorenzo alla Rivolta. In precendenza S. Caterina era la chiesa di un convento domenicano ad essa annesso. Poco prima, nell’aprile del 1784, era stato soppresso il convento: il grande edificio restato libero fu destinato ad ospitare l’accademia ecclesiastica pisana.